Diritto al Turismo

Gianluca Rossoni, Avvocato - Docente di Legislazione del Turismo

L'inapplicabilità alle associazioni no profit delle norme della nuova direttiva sui viaggi a pacchetto

21/09/2017
15:08
 

In attesa della prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge comunitaria contenente il decreto legislativo che recepirà la Direttiva (UE) 2015/2302 relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati (da adottarsi nell'ordinamento italiano entro il 1 gennaio 2018 con successiva entrata in vigore dal 1 luglio 2018), appare utile affrontare – dopo aver esaminato nei mesi precedenti in questa rubrica molti punti della nuova legislazione - infine il tema dell'esenzione dall'ambito di applicazione della norma comunitaria per i “pacchetti offerti e servizi turistici collegati agevolati occasionalmente e senza fini di lucro e soltanto per un gruppo limitato di viaggiatori”, come recita l'art. 2, II comma, lett. b).

In primo luogo, è bene ribadire che tale esenzione è direttamente collegata al diritto stabilito dall'art. 18 , I comma, della Costituzione in virtù del quale "I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”.

Dunque appare non percorribile la strada, da taluni proposta, di chiedere che la norma interna di recepimento della direttiva imponga alle associazioni gli stessi requisiti delle agenzie di viaggio, in caso di organizzazione di viaggi per i propri associati da parte delle prime.

I punti dirimenti in realtà sono la verifica se l'attività culturale istituzionale dell'associazione no profit comprenda l'organizzazione di viaggi e se soprattutto gli associati lo siano in realtà e non siano invece clienti mascherati.

La direttiva pone tre limiti, del tutto elastici, alla non applicazione della norma verso tali enti no profit: che si tratti di viaggi occasionali, senza però indicarne il numero effettivo (la direttiva indica, in via esemplificativa ma non cogente, due/tre viaggi all'anno, tuttavia nel caso si tratti ad esempio di un'associazione culturale avente lo scopo statutario - del tutto lecito – di  promuovere la conoscenza della storia dell'arte fra i suoi associati in tutta Italia, si possono legittimamente presumere come leciti un numero più elevato di viaggi); che sia un ente senza fini di lucro (in tale caso andrebbe verificato a posteriori se per l'associazione culturale l'attività commerciale sia preponderante e non meramente strumentale al raggiungimento dei propri scopi); che soprattutto sia riferita ad un gruppo limitato di viaggiatori (onde evitare abusi e senza comprimere il diritto di associazione, appare equo richiedere che il tesserato associato abbia un'anzianità di iscrizione per lo meno di tre mesi anteriori alla data di partenza del viaggio).

Nel dubbio, sinora la giurisprudenza in base alla vecchia direttiva ha, in linea di massima, fatto prevalere il diritto del cittadino ad associarsi anziché obbligare l'organizzatore no profit ai medesimi requisiti stabiliti per le agenzie di viaggio, soprattutto nei casi di associazioni caritative, religiose e sportive.

Giacché lo scopo della direttiva è quello di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, una soluzione più ragionevole potrebbe piuttosto essere quella di obbligare tali enti no profit a munirsi per lo meno degli strumenti assicurativi simili a quelli imposti agli organizzatori, per non lasciare gli associati privi di protezione e tutela.

Colgo infine l'occasione per invitarvi all'incontro che si terrà a TTG Incontri il giorno 13.10.2017 ore 11-12 (TTG Travel Agent's Arena - Pad. A5) per ripercorrere insieme i punti principali della direttiva, eventualmente conoscendo come hanno recepito anche gli altri Stati membri nel frattempo.


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