The Matador

Josep Ejarque, professionista in Destination Management e Marketing

L'Enit che vorrei

16/10/2015
12:01
 

La notizia che l’Enit è rimasto senza personale sicuramente ha generato non poco stupore tra gli addetti ai lavori, andando ad  aggiungere un altro non felice capitolo alla sua già travagliata storia.

Dell’Enit infatti è già stato detto di tutto o quasi: alcuni lo hanno definito un carrozzone, altri inefficiente, altri ancora addirittura inutile.

La verità è che, a ragione o a torto, di fatto nel corso degli anni è diventato un facile bersaglio per tutti.

Non c’è dubbio: l’Enit non ha funzionato. Ma dobbiamo essere onesti con noi stessi: infatti, oltre ai problemi che tutti conosciamo, le ragioni della sua inefficienza sono anche altre e sicuramente tutti nel turismo italiano in maggiore o minore misura, ne siamo in parte responsabili.

Il vero problema è che l’Enit non ha saputo adattarsi ai nuovi trend della domanda turistica e alle trasformazioni dei mercati internazionali, in particolare quelli europei, i principali per l’incoming italiano. Negli ultimi anni, il comportamento d’acquisto dei turisti è infatti radicalmente cambiato: per Germania, UK, Olanda, Francia, Svizzera, la vacanza in Italia è diventata uno short break e di conseguenza tour operator e agenzie di viaggio sono diventate strumenti superflui, in quanto i turisti si sono trasformati in perfetti fautori e autori del proprio viaggio. E si è così passati da essere mercati b2b a mercati b2c.

Questo cambiamento è stato intuito e compreso da molti enti nazionali del turismo esteri, come Atout France, Turespana-Segittur, Visit France, Austria Turismo, che infatti hanno cambiato in tempo utile la propria direzione di marcia. Purtroppo, così non è stato per l’Enit che, abituato a confrontarsi e ad interloquire con gli intermediari, ha fatto non poca fatica ad adattarsi, senza peraltro riuscirvi. Non bisogna dimenticare che la domanda turistica oggi si fonda su premesse molto diverse rispetto a quelle di qualche anno fa: il ruolo degli intermediari ma anche dei media, infatti non e più lo stesso così come il loro potere.

Ma non solo: il vero problema è che la promozione italiana ha sempre e solo lavorato sulla propria immagine - e continua a farlo!- mentre il mercato invece è orientato sul prodotto e siamo già nella esperienza turistica!.

Fatto che –ancora una volta! – è stato compreso molto bene dagli enti nazionali del turismo concorrenti, ma non dall’Enit.

Questo significa che mentre all’estero si promuove e comunica il prodotto-destinazione, l’Enit, così come tutto il sistema turistico italiano, continua a promuovere prima la propria immagine e magari dopo, solo in un secondo tempo, il prodotto. Il problema risiede nel fatto che il mercato della domanda non ragiona ormai cosi.

Inoltre, noi continuiamo a promuovere e vendere l’Italia associandola al turismo delle città d’arte e alla cultura, che sicuramente rappresentano la nostra offerta più nota e conosciuta, ma che non rispecchia la totalità delle proposte turistiche che in realtà l’Italia può offrire. E le fiere ne sono un chiaro esempio: è sufficiente osservare la diversa distribuzione degli spazi per rendersene conto.  

Da una parte, ci sono gli enti nazionali del Turismo stranieri che perseguono un modello prettamente b2b, dove solo una piccola area è destinata ai territori e agli enti e la restante invece alle imprese e, dall’altra, ci sono i nostri stand che riflettono un modello promozionale istituzionale, dove viene dato tanto spazio agli enti, lasciando i veri protagonisti, ossia gli operatori turistici rilegati in secondo piano, in una grande confusione.

E di fatto è quello che succede nella realtà: i nostri concorrenti fanno, agiscono e si muovono alla ricerca dei turisti; noi aspettiamo che arrivino da soli.

Ma adesso l’Enit cambia: diventa un ente economico. Tralasciando le questioni del personale, del cda, e via dicendo, è un grave errore pensare che cambiando l’assetto automaticamente si possa risolvere tutto. L’Enit, anzi l’AGIT così come si chiamerà, è infatti come una start up con tutti i problemi che ne derivano. Ciò che veramente è essenziale non è tanto la definizione della sua mission, che di fatto è forse una delle poche cose chiare, ma la strategia operativa per conseguirla.

Non si tratta infatti di un problema in relazione al piano operativo annuale da seguire né delle fiere alle quali partecipare, ma della strategia specifica da adottare e del corporate plan.

L’Enit del futuro – e per futuro intendo quello immediato! - dovrebbe porsi come obiettivo quello di diventare un organismo efficace e efficiente, non solo a livello interno, ma soprattutto nel  proprio operato, in modo tale da diventare un modello da seguire e un punto di riferimento per l’intero sistema turistico italiano, portando benefici concreti e tangibili all’intero Paese.

E poi basta nascondersi dietro la vecchia scusa delle competenze, del ruolo discutibile delle Regioni e dei fondi per la promozione. La Francia e la Spagna, i nostri due principali competitor, hanno di fatto la nostra stessa struttura istituzionale, ossia con le Regioni che si occupano della promozione, e tuttavia sono state in grado di trovare e sviluppare collaborazioni e sinergie interne, mettendo in atto efficaci strategie di brand marketing e una nuova vision. Quindi, non vedo perché anche in Italia non possa succedere.

Ieri, per caso, ho sentito una canzone che aveva come sottofondo il titolo del famoso discorso di Martin Luther King, “I have a dream”, e mi è venuto in mente che anche il turismo italiano potrebbe averne uno: il sogno di un’Enti-AGIT veramente nuovo, non solo nel nome e nella forma.

Un ente adeguato ai nuovi trend della domanda, orientato ad incrementare la notorietà dell’Italia nel mercato turistico, focalizzato sul b2Cc piuttosto che solo sul b2b, di reale supporto alle aziende e agli operatori anziché alle istituzioni, meno organizzatore di conferenze stampa e più promoter delle destinazioni, capace di  creare awareness e di generare interesse nei mercati internazionali verso l’Italia.

E qui apro una breve parentesi: l’Italia non si può permettere di abbandonare i propri mercati tradizionali per focalizzarsi soltanto su Cina, Brasile, USA, così come non può vendersi come destinazione turistica internazionale associandosi esclusivamente a Roma, Firenze, Venezia e Napoli, o solo come città d’arte (pur partendo della premessa che si tratta di elementi fondamentali della nostra offerta), in quando l’Italia è molto di più, il suo potenziale è molto più grande. Il turismo europeo si sta focalizzando verso una alta frequenza di viaggi, seppur brevi, nell'arco del'anno. Sarebbe sciocco che l'Italia non riesca ad essere destinazione anche dei short break.

Ma per continuare: il nuovo Enit-AGIT dovrà essere meno offline e più online, ma anche molto più social, con meno buy inside e più roadshow outside. Dovrà abbandonare il tradizionale atteggiamento passivo, di attesa e diventare invece propositivo, intraprendente e muoversi per andare a cercare i turisti.

Già perché per chi non se ne fosse ancora accorto, nel turismo si è verificato un cambiamento che mi sento di definire “genetico trascendentale”. Da un mercato di domanda, controllato dall’offerta, si è infatti passati ad un mercato di offerta, dove i concorrenti sono agguerriti e forti e, purtroppo, molti lo sono decisamente più di noi. Il potere nella relazione offerta-domanda non è più in mani della prima come è stato da sempre, ma oggi e ancora di più domani, nelle mani della domanda, ossia dei turisti-clienti.

Oggi, il turismo si fonda su quella che potrei definire l’economia della reputazione e dell’esperienza e il nuovo Enit deve esserne consapevole.

Soltanto così potrà infatti essere realmente efficace ed efficiente per il sistema paese e del turismo italiano..


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