Viaggi di marketing

Paola Tournour-Viron, divulgatrice per professione e per passione

Gli Altri Orizzonti del turismo attivo

10/05/2022
14:15
 

Altri Orizzonti non è solo uno scorrevolissimo saggio sul significato del camminare prodotto da alcuni fra gli antropologi, filosofi e storici oggi più in vista. Per noi professionisti del turismo può essere di più. Ad esempio un manuale che aiuta a comprendere – a fondo - cosa si aspettino da noi quei viaggiatori tecnicamente qualificati come “attivi”; nello specifico: trekker, climber ma anche camminatori in cerca di città e parchi urbani da percorrere in lentezza.

Sfogliandolo scopriremmo che chi chiede questa vacanza spesso potrebbe non avere come unico obiettivo il mantenimento della forma fisica. Potrebbe non essere, insomma, semplicemente alla ricerca di una palestra a cielo aperto ma di un’occasione per tentare un riallineamento fra spirito e corpo; per arrivare a ricomporre – come spiega nel libro il filosofo Duccio Demetrio – quella benefica “alleanza tra la ragione e la percezione fisica di sé” che risveglia “sensi, indoli, emozioni”.

Camminare – aggiunge Demetrio - non significa infatti soltanto godere del piacere estetico dei luoghi, “ammirando paesaggi da cartolina nei quali fingere di abitare”, ma esporsi “all’imprevedibilità, alle coincidenze, agli incontri con le dimensioni dello spazio e del tempo”. È dunque un modo per avventurarsi nella geografia dell’anima prima ancora che in quella del pianeta. Cosa che potrebbe spiegare il fenomeno in progressione dei Solo Travellers recentemente esaminato dal New York Times, secondo il quale le persone amerebbero sempre di più mettersi in viaggio da sole, dandosi sporadicamente appuntamento con amici delle reti social che dovessero trovarsi nelle vicinanze. Tutto ciò a patto che dopo qualche ora ciascuno si riappropri della libertà.

Per certi versi potrebbe trattarsi di una nuova forma di misticismo, intesa nel senso originario di mystikòs, che il filosofo Marco Vannini richiama nel volume in quanto “aggettivo greco che rimanda alla riservatezza, al silenzio”. Correntemente diciamo infatti che questo genere di vacanza serve ‘per staccare’, ed è ancora una volta Vannini a spiegarci come in effetti la mistica sia proprio una condizione per mettersi sulla “via del distacco”, rimasta peraltro “identica in tutti i tempi”.

Secondo l’antropologo Marco Aime, questo distacco aiuterebbe per giunta ad allontanarsi da “quel flusso di parole inutili” che affolla la nostra routine quotidiana e che in qualche modo spiega il desiderio di disconnessione dai device che accomuna un’ampia componente del target.

Risulta a questo punto evidente come il turismo attivo votato al cammino si traduca in un fenomeno complesso, che si spinge ben oltre il puro capriccio di scoprire nuovi pezzi di mondo. I quali peraltro iniziano a scarseggiare, come scrive lo storico Alessandro Vanoli. “Per la prima volta nella storia dell’umanità – dice infatti - non abbiamo più nulla da esplorare” a parte “gli abissi del mare o altri pianeti” che, tuttavia, non sono facilmente accessibili ma rimangono anzi “un’esperienza estremamente elitaria per la quale occorrono mezzi e una preparazione di anni”. Tutto questo è verissimo, anche se l’antropologo Adriano Favole ricorda come, per quanto di inesplorato rimanga ben poco, “la nostra natura rimane il viaggio”, e lo dimostra il fatto che nel tempo, a dispetto dei capricci di “nazioni, sovrani e virus, abbiamo continuato a viaggiare”. Perché in fondo “siamo esseri in fuga”. Una fuga che in questi ultimi due anni ci ha peraltro spinti nuovamente in montagna, rinvigorendo turisticamente aree in precedenza piuttosto trascurate. Ed è possibile che non lo si sia fatto solo per necessità di distanziamento o di ossigenazione. “La salita di una montagna – rimarca Vannini – è un topos da sempre presente nella letteratura spirituale di tutti i popoli, in quanto l’alto è per eccellenza il luogo del divino”. Un possibile rifugio, quindi, dalle complicazioni terrene. E probabilmente una scorciatoia per la serenità, peraltro ampiamente collaudata. “Non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata”, scriveva infatti Søren Kierkegaard. Ed era il milleottocento.


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