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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter

Cerchi lavoro e hai un profilo personale su LinkedIn? Ecco cosa NON fare!

15/11/2021
14:19
 

Chi cerca lavoro, nel turismo e non solo, ha tre “momenti della verità” da gestire. Quello più sottovalutato è il profilo su LinkedIn, ovvero il social per eccellenza dei professionisti (fondato a Mountain View nel 2003, acquisito da Microsoft nel 2016, oggi quasi 800 milioni di iscritti in duecento Paesi, 16 milioni in Italia).
“Sottovalutato” perché tutti sanno come (si dovrebbe) scrivere un Cv e come (si dovrebbe) sostenere un colloquio di selezione, ma su come avere un buon profilo su LinkedIn l’ignoranza regna sovrana.

Come head-hunter mi tocca passarci le giornate, sul social californiano, e i profili fatti male superano abbondantemente quelli fatti bene. Perché ci sono sempre Quelli che...

Quelli che su LinkedIn mi han detto di esserci, poi boh?!
Premesso che su LinkedIn devi esserci solo se hai un lavoro e/o se cerchi un lavoro (per i selfie e le foto dei gattini si usano altri social), c’è gente che il profilo l’ha aperto solo perché glielo ha detto il cugino smanettone e poi se ne sono dimenticati. Come quando si apriva l’account su MySpace o Flickr, anni fa, che usavi un paio di mesi e poi abbandonavi per sempre. Foto sgranate fatte con la macchinetta, ultima posizione lavorativa nel 2018, poche righe di descrizione, nessun post, niente. Meglio non esserci proprio, su LinkedIn, allora. Vuol dire che il lavoro ce l’hai (forse) e che comunque non t’importa nulla di trovarlo o cambiarlo.   

Quelli che hanno confuso LinkedIn con Facebook o Instagram
LinkedIn è il social delle relazioni professionali, quindi dev’essere vissuto come fossi sul posto di lavoro: serio, ordinato, chiaro. Eppure c’è chi mette un selfie come Foto profilo, una festa di compleanno come Foto di sfondo, la cena coi colleghi come Attività e l’esperienza come dog-sitter come Formazione. Che sia chiaro: LinkedIn è la versione digitale e multimediale del tuo Cv, quindi se ti candidi come responsabile amministrazione e controllo di un tour operator, non voglio vedere la foto della tua fidanzata, né come passi le vacanze. Ergo, quello che NON è professionale va su Facebook, Instagram, Twitch e magari pure su Tinder (la carne è debole), ma non su LinkedIn.

Quelli che non sanno come si fa un profilo su LinkedIn
È pieno di tutorial che spiegano come creare un profilo, quindi mi limiterò a segnalare gli errori da matita blu.

“Foto profilo” e “Foto di sfondo” sono fondamentali: per la prima va bene il classico primo piano da Cv (un bel sorriso, sguardo in macchina, niente occhiali da sole e niente abbronzatura da vacanza); per la seconda va scelta un’immagine coerente col tuo lavoro: se ti occupi di una destinazione, va bene un landmark (a sviluppo orizzontale, mi raccomando); se hai un’agenzia di viaggi, la foto di clienti contenti; se lavori per una compagnia aerea, un Boeing 737 in decollo...

Sotto il tuo nome devi scrivere il tuo job title attuale (uno, massimo due, basta), dove lavori (Treviso, Veneto, Italia oppure Strangolagalli, Lazio, Italia) e in “Informazioni” devi scrivere il tuo abstract, ovvero chi sei, che lavoro fai e cosa vuoi dalla vita (lavorativa, non affettiva...) in 5 o 6 righe e massimo 5/600 battute. È la tua Usp, ovvero il motivo per il quale mi incuriosisci e mi convinci a leggere quello che viene dopo.

“In primo piano” e “Attività” sono i due box peggio gestiti di tutti, infatti sono spesso lasciati desolatamente vuoti. In “In primo piano” devi inserire una notizia, un commento, un articolo che hai pubblicato (on line, ovviamente) e che - come “Informazioni” nel box sopra - deve arricchire il tuo profilo di contenuti e dettagli. Sei product-manager in un t.o.? Mettici l’ultimo programma di viaggio che hai progettato. Ti occupi di eventi? Inserisci il link a un time-lapse dell’ultima convention che hai organizzato.

In “Attività” ci va di tutto, compreso il commento al post su LinkedIn di un tuo collega o una notizia che hai condiviso con i tuoi collegamenti. Basta che l’ultima Attività sia recente, purchessia, e non del 2018. Vietato, ripeto, vietato mettere il proprio Cv, in formato .pdf, nel box “In primo piano”.

Su “Esperienza” e “Formazione” (visto che sono copia & incolla dal CV) mi limito a sottolineare che di ogni esperienza professionale vanno indicati: azienda, durata, job-title, luogo di lavoro e (molto importante) la descrizione dell’attività svolta, possibilmente con qualche numero (sei un sales? quanto hai venduto nel 2019 più del 2018?) e qualche dato (se sei il più giovane Quadro in azienda, oppure sei a capo di un team di 6 persone? scrivilo). Se hai più di quarant’anni, io guardo solo le attività che hai svolto negli ultimi 10 anni, quindi non mi far perdere tempo a leggere cosa combinavi nel 2002, tanto è preistoria. In “Formazione” scrivimi il voto del diploma in ragioneria (preso nel 1989) e il nome del professore col quale hai redatto la tesi (in biologia, e da vent’anni fai il sales) e giuro che non mi disponi bene nei tuoi confronti.

Tutto il resto (“Esperienze di volontariato”, “Competenze e conferme”, “Referenze”, “Traguardi raggiunti” e “Interessi”) io non li guardo neanche: sbaglierò, ma dopo aver letto migliaia di profili su LinkedIn la penso così. Soprattutto Conferme e Referenze (ovvero quello che gli altri scrivono di te) mi sa talmente di falso e taroccato che - se trovo i box vuoti - significa che almeno su questo non mi racconti balle, grazie ad amici e colleghi consenzienti. Per gli “Interessi” sai quanto conta che tu faccia paracadutismo e/o danza moderna?!

Quelli che se mettono queste cose mi incavolo e cestino Cv e profilo su LinkedIn
Ho tre categorie che mi danno letteralmente sui nervi:
1) gli #Opentowork (ovvero quelli che hanno messo il cerchietto verde nella foto, a segnalare la disponibilità a un nuovo lavoro) e poi non rispondono quando gli scrivi;

2) quelli ai quali fai una proposta di lavoro e ti rispondono - se ti rispondono - dopo una settimana (però su Facebook hanno postato il Moscow Mule sbevazzato in compagnia, due notti fa);

3) quelli che mi chiedono il collegamento senza aggiungere una nota. Questa è veramente una pessima e diffusissima abitudine: sebbene Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn, invitasse ad accettare solo i collegamenti di persone per le quali sei in grado di fare una segnalazione (e che quindi conosci personalmente) LinkedIn strabocca di persone che hanno centinaia di collegamenti (quindi, sconosciuti) e accettano tutti (tutti) quelli che glielo chiedono.

Io ho una regola, ferrea: accetto solo chi conosco di persona e rigetto sistematicamente tutti quelli che non conosco e che chiedono il collegamento senza aggiungere uno straccio di motivazione (è facile, esce pure la finestrina ad hoc: “Vuoi aggiungere una nota per personalizzare il tuo invito a yx?”).

Conclusione: oggi il profilo su LinkedIn vale quanto e più di un buon Cv. Régolati, se vuoi cambiare lavoro.


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