I social diventano a pagamento: inizia la rivoluzione del web 3.0

di Francesco Zucco
22/02/2023
11:43
 

Il primo è stato Elon Musk. E il popolo della rete non l'ha presa bene: la sua idea di far pagare qualche manciata di dollari al mese per avere l'ambita spunta blu del profilo verificato su Twitter ha scatenato una protesta generalizzata.

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Poi, piano piano, sono arrivati anche gli altri: Meta ha annunciato di volersi muovere nella medesima direzione, mettendo una 'tariffa' per il profilo verificato. Ma c'è di più: Instagram, come riporta agendadigitale.eu ha infatti annunciato la possibilità di introdurre 'micro-abbonamenti' che prevedono la possibilità di creare contenuti che saranno disponibili solo per gli utenti paganti.

Niente di troppo nuovo, per la verità: il business di piattaforme meno note al grande pubblico ma comunque molto utilizzate come Patreon si basano sullo stesso concetto. Questi social, però, nascevano già con questa idea. Ma per quelli di vecchia data si tratta di una novità assoluta.

La svolta della timeline
Il social network si è imposto negli ultimi 15 anni come lo strumento gratuito per eccellenza. O meglio, così lo è nell'immaginario comune: perché per gli addetti ai lavori l'illusione che Facebook fosse gratis si è sgretolata abbastanza in fretta.

Esiste per la verità un momento preciso in cui i social hanno cambiato completamente le carte in tavola: quello in cui Facebook ha annunciato che nella nostra timeline non avremmo visto tutti i post dei nostri contatti in ordine cronologico, ma una 'selezione' effettuata dal magico algoritmo. In una prima fase il criterio di selezione sembrava essere solo la capacità di generare like e interazioni; ma la verità è stata presto chiara a tutti.

In quel momento, qualcosa è cambiato per sempre. In quell'esatto istante i social hanno di fatto smesso di essere gratis: l'unico modo per essere sicuro al 100% di raggiungere il proprio pubblico era acquistare sponsorizzazioni. Dunque, pagare. E gli altri social seguirono a ruota.

I social si pagano
Ora c'è un nuovo passo avanti. Che contribuisce a sorpassare l'idea 'equilitaria' del Facebook dei primi anni per avvicinari maggiormente alla logica di Tik Tok, quella che vede i creator da una parte e gli utenti dall'altra.

Con un passaggio in più: ancora più di prima, i creator dovranno pagare per sfruttare i social appieno. Il dibattito sugli algoritmi e sulle visualizzazioni era acceso ancora prima della spunta blu a pagamento; ora con ogni probabilità aumenterà ancora di più. Perché è ragionevole pensare che le piattaforme premino gli utenti paganti penalizzando i 'gratuiti', ovvero quelli che non generano introiti.

Dopo anni di crescite vertiginose degli utili, del resto, la magia è svanita: anche i social hanno dovuto fare i conti con tagli del personale e bilanci da far quadrare. Inevitabile, dunque, che cercassero altre fonti di reddito oltre alle già assodate sponsorizzazioni.

Adesso è praticamente ufficiale: i social sono un costo. E lo sono diventati dopo aver consolidato la presenza nelle abitudini quotidiane di tutti.

Probabilmente cambieranno molte cose. A partire dall'approccio degli influencer, sempre più costretti a investire per non veder svanire la loro popolarità. E se aggiungiamo il fatto che anche questo settore ha iniziato a mostrare i primi segni di saturazione è facile capire come questo sia solo l'inizio della rivoluzione dei social.


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