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Francesco Zucco, giornalista di TTG Italia

I 4 consigli per non farvi rispondere ‘Vaffa…’ dai clienti

06/05/2015
09:00
 

C’è chi lo chiama ‘spam’, chi lo chiama ‘email marketing’. La differenza c’è, ed è tutta una questione di chiarezza con i propri clienti.

Mi spiego meglio.

Vi siete mai beccati un sonoro ‘vaffa’ da vostro figlio? Se avete in casa ragazzi adolescenti è probabile di sì. Ma a me è capitato al giro di boa dei 2 anni…

‘Vaffa’, mi ripeteva di continuo il pargolo. Più che offendermi, mi chiedevo dove potesse aver imparato a dire certe parole… così provavo a capire.

‘Aspetta, Edoardo, forse non ho capito… puoi ripetere?’

E lui, più forte di prima: ‘Vaffa!’. E più io restavo perplesso, più il crescendo rossiniano prendeva forma: ‘Vaffa! Vaffa! Vaffa!’ ripeteva, via via più forte. Fino a mettersi a piangere.

Prima ancora che sgridarlo, la mia prima reazione fu quella di interrogarmi. Cosa avevo fatto di così grave per prendermi la più elaborata escalation di ‘vaffa’ della mia vita?

Attirato da tanto clamore, arrivò l’altro 50 per cento dei responsabili della nascita del piccolo. Con un bicchierino d’acqua in mano, che placò subito il pargolo.

Così mia moglie (era di lei, ovviamente, che stavo parlando con la storia del 50 per cento eccetera) chiarì: “È da ieri sera che per dire ‘acqua’ dice ‘vaffa’…”.

Ma come? Io ero rimasto a un’impronunciabile ‘fapfa’… Adesso mi cambiano tutto il vocabolario? Nel giro di poche ore?

Mi calmai. Sollevato, per lo meno, dal fatto di non essermi meritato una collezione di ‘vaffa’ d’autore.

E pensai che (per colpe non tutte mie) avevo inserito il messaggio nella casella ‘insulti’ invece che in quella ‘richieste’.

Un po’ come accade con il famigerato, amato-odiato (e spammato) email marketing. Un’arma formidabile, sostengono quelli che ‘ce ne capiscono’. Un’arma a doppio taglio, sostengono i medesimi, se usata nella maniera sbagliata.

Quando si spedisce un’email promozionale, bisogna innanzitutto che il ricevente la percepisca come un’opportunità (“che bel viaggio interessante! Magari riuscissi a farlo… aspetta che guardo agenda e conto in banca…”) e non come una fastidiosa intromissione nella sua casella di posta, contro la sua volontà.

Perché il ‘vaffa’ (quello vero, non quello dell’acqua…) è dietro l’angolo. E non fa bene né a chi invia il messaggio, né a chi lo riceve.

A scanso di ‘vaffa’, il Garante della Privacy ha voluto mettere nero su bianco qualche consiglio per evitare di essere bollati come ‘spammer’, ovvero versione meno invasiva ma non meno odiata dei call center che vi tempestano di telefonate per proporvi offerte imprendibili.

Ecco, di seguito, un riassunto dei consigli dell’Autorità. Chi avesse voglia, può anche andare a spulciarsi il corposo documento rilasciato dal Garante.

1 - social network
Si possono inviare offerte commerciali ai propri follower sui social network? Sì, afferma il Garante, se la loro iscrizione alla pagina o al profilo manifesta chiaramente l’interesse a ricevere messaggi di questo tipo.

2 - Servizi di messaggistica
Whatsapp, Skype e compagnia: anche per inviare offerte tramite queste piattaforme serve il consenso.

3 - Consenso
Qui non c’è spazio per equivoci. Per inviare offerte commerciali via email o sms serve sempre il consenso dell’interessato. Pena, essere accusati di spamming.

4 - Consenso dei clienti
In questo caso, arriva il distinguo… Il Garante afferma che non è necessario ottenere un consenso per inviare a un proprio cliente messaggi promozionali via mail su beni o servizi analoghi a quelli già acquistati. Fermo restando la possibilità, da parte del cliente stesso, di opporsi.

Basta tutto questo? Ovviamente no. Anche i contenuti hanno il loro peso. Ma di questo bisognerà parlarne in un altro post.

Per oggi mi sono preso già abbastanza ‘vaffa’….


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