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Francesco Zucco, giornalista di TTG Italia

Cos’è e a cosa serve un Mvp? Chiedetelo a un bimbo di due anni…

22/05/2015
09:01
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Cos’è e a cosa serve un Mvp? Soprattutto, può tornare utile anche alle agenzie di viaggi?

L’Mpv è qualcosa di molto semplice. Talmente semplice che potrebbe capirlo anche un bambino di due anni.

Ecco, andate a cercare un bambino di due anni, per favore, che io non ci ho capito niente.

A parte la citazione di una celebre battuta di Marx (non Karl - quello con la barba - ma Groucho - quello con il sigaro), l’Mvp è un piccolo trucco usato dalle start up per testare un progetto sul mercato spendendo il minimo possibile. Anzi, possibilmente non spendendo nulla.

Calma con gli entusiasmi: per sé non comporta neanche guadagni. Ma, per lo meno, consente di saggiare le potenzialità della propria idea. E, nel caso in cui si riveli buona, di investirci sopra e, a quel punto, incassare anche qualcosa (si spera).

Dal punto di vista linguistico, Mpv sta per ‘Minimum Viable Product’, ovvero ‘minimo prodotto fattibile’, o meglio ‘attuabile’. Il concetto è il seguente: prima di investire su un determinato prodotto, si riduce l’idea ai minimi termini e la si dà in pasto ai potenziali clienti. Non per niente, il processo è stato inventato dalle start up: ovvero da imprese tendenzialmente ricche di idee ma povere di fondi.

Ma di per sé è una pratica applicabile a qualunque azienda.

Tornando alla domanda principale: come funziona, in concreto, un Mpv? Fatevelo spiegare da un bambino di due anni. Anzi, nella fattispecie, fatevelo spiegare da mio figlio. Lui lo sa perfettamente e lo usa di continuo. La sua cavia? Il sottoscritto.

Il processo, in genere, inizia con una parola. O meglio, con qualcosa che per Edoardo (lui ne è convinto, ne sono sicuro) è una parola. In realtà, è spesso la contrazione di una parola. Che, compressa ai minimi termini, diventa talvolta difficilmente comprensibile.

Ad esempio: “…etto”.

A questo punto, parte il grande gioco a premi: indovina la parola misteriosa. Cosa vorrà dire? Vale tutto ciò che finisce in “etto”: potrebbe volere il “letto”, oppure un “tetto”, o ancora uno “scherzetto” o un “giretto”. O cercare qualcosa nel “cassetto”. Tolto il probabile, come diceva Sherlock Holmes, resta l’improbabile: e allora si prova con “tubetto”, “vasetto”, “scendiletto”, “preconcetto”, “portarocchetto”.

Se uno ci azzecca al primo tentativo, tutto bene. Se no, la strategia comunicativa viene rivista e parte la sarabanda: indica, si sbraccia, mima movimenti. Finché il sottoscritto non capisce. E, sia detto tra parentesi e senza polemica, senza meritarsi neanche un ‘bravo’, ma al massimo un sospiro accondiscendente. Del tipo ‘finalmente ci sei arrivato’.

L’Mpv, a grandi linee, è un processo simile. Che si può tentare di riassumere in 3 fasi distinte:

1 - Avere un’idea (è indispensabile, credetemi…)

2 - Ridurla ai minimi termini (facendo attenzione ai rischi economici)

3 – Testarla

4 - Modificarla sulla base dei risultati

5 - Testarla di nuovo

6 - Ripetere i punti  4 e 5 fino a non ottenere un risultato accettabile.

Ma cos’è, in concreto un Mpv?

Parto da un esempio, riportato sul sito web di The Doers (realtà che si occupa proprio di fornire supporto alle idee innovative): la storia di Zappos.com (http://www.zappos.com/), un negozio di scarpe online.

Il fondatore, invece di aprire un sito di ecommerce, comprare scarpe e poi rivenderle, ha pensato a una scorciatoia: ha fatto un accordo con un negozio, scattato una serie di foto dei prodotti in vendita, pubblicato il tutto su internet e comprato le scarpe come un normale cliente nel momento in cui qualcuno avesse manifestato online l’intenzione di comprarle.

In pratica, ha venduto scarpe per conto di un negozio senza guadagnare nulla. Ma anche senza spendere nulla. In sostanza, non ha fatto altro che dare in pasto un catalogo (realizzato senza impegnare un soldo) a potenziali clienti.

E questo gli ha consentito di imparare molto sulle abitudini di acquisto e sui meccanismi della vendita online. Lanciando, in un secondo momento, un vero e proprio sito di ecommerce.

Sette anni dopo, era uno dei principali negozi di scarpe sul web degli Stati Uniti.

Ma l’Mpv può essere anche una serie di slide, un video, un catalogo online. Qualunque cosa consenta di raccogliere feedback da parte dei clienti.

Può funzionare anche per le agenzie di viaggi? Volendo lanciare, ad esempio, un prodotto per un target specifico (giovani, senior, studenti, festaioli, sportivi, sub… e l’elenco potrebbe continuare) l’idea dell’Mpv potrebbe aiutare a evitare passi falsi?

Volete la mia opinione? “…etto”. E ognuno capisca quello che vuole…

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