Ho visto cose...

Francesco Zucco, giornalista di TTG Italia

Cos’è un target, ovvero: il cliente non è uno zombie, è una persona

10/09/2015
11:14
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Ve lo dico senza tanti giri di parole: non ho nessuna voglia di parlare di target. Eppure, in qualche modo, sento che devo farlo.

Non mi piace, vi avverto. E per una ragione semplicissima: tutti ne parlano, ma in pochi lo approfondiscono. È una di quelle parole che vengono utilizzate di continuo, ma in pochi si premurano di fornire un'accurata definizione.

Questo lo so con certezza. Perché anch’io l'ho usata spesso e anch’io non mi sono mai premurato di definirla in maniera accurata. Quindi, credetemi, parlo con cognizione di causa.

Tutto ciò finché, una mattina, non mi sono reso conto di essere anch’io un target. Questo mi ha creato dei problemi: la cosa iniziava a toccarmi da vicino. Avevo bisogno di certezze. Di sapere esattamente cos’ero.

Insomma, non era più una semplice domanda professionale. Era una questione esistenziale.

La mia scoperta di ‘essere’ target ha avuto il sapore di una rivelazione. È accaduto una domenica mattina presto (molto presto. Anzi, troppo presto). Nello stesso momento in cui ho avvertito il bisogno di insegnare a mio figlio il concetto di ‘domenica mattina’ (cosa che ancora adesso non sono riuscito a fare).

Non avendo l’idea del weekend, il giovane pargolo aveva deciso di svegliarsi in tempo per andare all’asilo. Non è colpa sua, per carità: nessuno l’aveva avvertito che era domenica e all’asilo non ci doveva andare. Mia moglie ed io, dunque, manifestammo una certa accondiscendenza. E decidemmo di imbarcare il giovane nel passeggino, approfittando della bella giornata, per fare un giro in centro.

Qui, scoprimmo la città che non avremmo mai dovuto vedere. Come in una apocalittico incontro tra The Walking Dead e Il Sesto Senso, scoprimmo vie infestate di zombie barcollanti.

E gli zombie eravamo noi.

Una massa che ondeggiava incerta per le strade, senza una meta sicura.

Tutte coppie, come noi. Tutti con un passeggino, come noi. Tutti assonnati, come noi. Tutti con un bambino inspiegabilmente sveglio e attivo, come noi. Tutti a chiedersi ‘perché?’, come noi.

In altre parole, eravamo un target.

La faccenda divenne urgente: volevo capire esattamente cosa era un target, visto che ne facevo parte.

Mi sono così imbattuto in un interessante articolo di Alessandra Colucci, consulente e docente.

Il breve testo mi ha rassicurato un po’, per due motivi: primo, divide il target in diverse stratificazioni. E già il fatto di essere ‘stratificato’ più che massificato mi ha fatto sentire meglio.

Secondo e più importante, la chiusura del saggio, che recita testualmente:

Non trattiamo i potenziali acquirenti come “bersagli”, ma come clienti, come individui pensanti

O tu che vuoi vendermi qualcosa, ricordati: non sono uno zombie, sono una persona. E come tale vorrei essere trattato.

Perfino quelli che fanno due giorni di coda con tenda a montaggio rapido al seguito davanti all’Apple Store per comprare l’ultimo iPhone sono individui pensanti. Anche questo me l’hanno dovuto dire: io non l’avrei mai pensato.

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