Incoming in Italia, persi 38 miliardi di euro

23/03/2016
13:29
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Nel turismo l’obiettivo non è solo attrarre turisti, ma anche trattenerli nella destinazione. Più lunga è la permanenza, maggiore sarà la spesa e più consistente la ricaduta sulla filiera e sul territorio. Considerato da questa angolazione, il turismo italiano negli ultimi 15 anni non ha ottenuto risultati brillanti: nonostante nel periodo 2001-2015 gli arrivi internazionali siano aumentati del 50 per cento, la permanenza media si è ridotta e la spesa pro capite reale risulta di conseguenza inferiore del 35 per cento (da 1.035 a 670 euro).

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Se, dunque, i 53 milioni di arrivi registrati nel 2015 avessero avuto una permanenza media uguale a quella del 2001 (cioè 4,1 giorni invece degli attuali 3,6) l’Italia avrebbe incassato 38 miliardi di euro in più, che invece sono andati perduti.

L’analisi dei mancati incassi, spiega Event Report, è contenuta nello studio che Confturismo e Ciset hanno presentato a Cernobbio in occasione del Forum di Confcommercio e dalla quale emerge la necessità di ripensare il modello di offerta turistica per contrastare il fenomeno della domanda “mordi e fuggi”.

I dati del report indicano che il turismo internazionale in Italia è per il 70 per cento di origine europea – i tedeschi sono in testa con 10,7 milioni di arrivi nel 2015 – in leggero calo rispetto a 15 anni fa, quando i flussi dall'Europa erano il 74 per cento del totale; è aumentato quindi il peso dei paesi extra Ue, con un contributo di oltre il 35 per cento alla crescita nel periodo.

In particolare si è registrata la riduzione del peso di Germania, Regno Unito e Stati Uniti, la crescita significativa di Cina e Russia e la tenuta di Francia, Spagna e Olanda. Il risultato è che il ranking per numero di arrivi si è modificato: i primi quattro paesi (Germania, Usa, Francia e Regno Unito) mantengono la posizione occupata nel 2001, Cina e Russia sono salite rispettivamente dal 9° al 5° e dal 10° all’8° posto e Austria (7°), Olanda (9°) e Spagna (10°) hanno tutte perso qualche posizione.

Più del 60 per cento degli arrivi internazionali è assorbito da quattro regioni – Veneto, Lombardia, Toscana e Lazio –, mentre le regioni del Sud catalizzano solo il 12 per cento degli arrivi. Le isole risultano tuttavia più attrattive del Sud continentale, a conferma che il problema non sono tanto le infrastrutture, quanto piuttosto la qualità media dei servizi.

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