The Matador

Josep Ejarque, professionista in Destination Management e Marketing

Aeroporti e sogni infranti

08/02/2013
11:12
Leggi anche: corrado passera, Aeroporti

Eccoci di nuovo! Nel panorama del turismo italiano è arrivato un nuovo tormentone, scatenato dal Piano degli Aeroporti, che classifica la rete aeroportuale italiana.

Sono complessivamente 31 gli aeroporti di interesse nazionale individuati dal nuovo Piano di riassetto del sistema, varato dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Corrado Passera. 31 scali raggruppati sotto tre grandi categorie: aeroporti inseriti nella 'core network', considerati di rilevanza strategica a livello Ue; aeroporti inseriti nella 'Comprehensive network' e aeroporti non facenti parti delle reti europee.

Ovviamente, non sono mancate le indignazioni, le polemiche e le lamentele da parte di tutti quegli aeroporti che non sono stati ammessi nella prima fascia. Non poteva essere di meno, quando in Italia abbiamo quasi 100 aeroporti.

Sono insorti politici locali e associazioni mentre in Sardegna, Toscana, Lombardia, Calabria e in altre zone d’Italia continuano a suonare i tamburi di guerra.

Ma non ci possiamo stupire: è il frutto e il retaggio della nostra solita cultura turistica campanilistica ed autoreferenziale.

Non intendo difendere né dare la ragione al Ministro Passera ed al suo operato ma non bisogna dimenticare che un aeroporto funziona solo se arrivano i passeggeri. Essere di prima, seconda o terza categoria poco importa: i vettori aerei sono interessati agli aeroporti che hanno una 'catchment area' sufficiente, in quanto ragionano ed agiscono seguendo le logiche del mercato, ossia della domanda e dell’offerta.

Uno dei problemi turistici del nostro Paese è proprio la presenza di troppi aeroporti che provoca una dispersione della domanda, che impedisce di fatto di riempire gli aerei. Le compagnie privilegiano ovviamente le rotte che garantiscono il ‘tutto esaurito’ e non servono gli aeroporti non adatti a questo scopo.

C’è in questa situazione un’apparente contraddizione perché secondo il senso comune più aeroporti dovrebbero portare a un maggiore servizio mentre in realtà finiscono per diminuirlo. E proprio da qui nasce il perverso circolo attivato dai vettori aerei lowcost - con Ryanair in testa – e non solo del 'datemi dei soldi e vi porto gli aerei'.

Il famoso e tanto discusso business degli aiuti, nato dall’intuizione di questi operatori che hanno colto la brama di collegamenti da parte dei territori e ne hanno approfittato.

Ne sono derivate proposte di collegamenti assurdi per Albenga, Cuneo, Crotone, Salerno, che non avrebbero mai funzionato o altri ancora messi in atto che si sono rivelati un tragico fallimento. Alcuni aeroporti insieme alle amministrazioni locali hanno promosso, attivato e finanziato collegamenti internazionali (con Alitalia come carrier), che ovviamente dopo un po' sono stati chiusi perché non avevano massa critica: per esempio, Torino con i suoi voli a Mosca, Amsterdam, oppure Ancona, Reggio Calabria e altri.

Molti di questi collegamenti erano motivati fondamentalmente solo dall’intenzione di fare bella figura oppure per soddisfare singole ambizioni personali.

In nessun caso infatti è stata mai svolta, a monte, un’analisi rigorosa sulle reali potenzialità né tanto meno si è mai agito con professionalità e cognizione di causa nelle trattative, lasciando così pieno potere ai vettori low cost che non hanno aspettato per approfittarne.

Un aeroporto per funzionare e per richiamare l’interesse dei vettori ha bisogno di generare domanda. Perché ci sia domanda, almeno incoming, è necessario che ci sia alle spalle un prodotto e l’offerta turistica. Non è sufficiente quindi erogare contributi o supportare il vettore economicamente ma bisogna stimolare e creare la domanda attraverso azioni mirate di marketing (e non solo sviluppando forme di co-marketing con il vettore).

Su questo aspetto, in Italia abbiamo ancora molto da imparare dai francesi, ma anche da molti altri Paesi.  

L'aeroporto in sé non basta per attirare turisti, a meno che non faccia parte di un sistema.

E se non si è in grado di creare domanda, l'aeroporto, che sia di prima, seconda o terza categoria, non riuscirà a crescere.
And that's all!!!

Twitter @josepejarque

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