Capita che anche aeroporti di primo livello si trovino di fronte al rischio ridimensionamento, loro malgrado. Il declino inaspettato può arrivare per esempio dai merger tra compagnie aeree per creare nuovi soggetti forti e ridurre i costi. Oppure semplici fallimenti che fanno uscire di scena anche vettori di primo piano.
Alcuni esempi arrivano dagli Stati Uniti dove non mancano i casi di scali che per anni hanno vissuto una fase di sviluppo per poi ritrovarsi improvvisamente vuoti o quasi.
Un emblema di questa situazione è il Lambert-St Louis International Airport, passato nel giro di poco tempo da 475 a 256 partenze giornaliere e oggi alle prese con un terminal inutilizzato del quale non si riesce a decidere la sorte. La colpa? Essere l'hub principale di una gloria del trasporto aereo come la Twa, chiusa e inglobata in American Airlines nel 2001, con conseguente disimpegno proprio su St. Louis.
Il Chapter 11 di United, nel 2003, segnò invece la sorte dell'Oakland International Airport, che passò rapidamente da 14,5 a 9 milioni di passeggeri annui per via del disimpegno. La fusione di Delta con Northwest, a sua voltà, portò alla riduzione della presenza su Cincinnati. Per non parlare poi degli scali minori, numerosissimi negli States, primi a essere colpiti dai tagli ai voli.
Ma vi immaginate in Europa un'eventuale uscita di scena per qualsivoglia motivo di Ryanair cosa provocherebbe? Un'ecatombe di aeroporti. Gli agenti sono pregati di non sognare, non è bello nei confronti degli aeroporti...