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Paola Tournour-Viron, divulgatrice per professione e per passione

Benvenuti a Fintaly, l’Italia che piace agli stranieri

16/03/2017
11:10
 

Fortunatamente non sapremo mai cosa direbbero i fondatori del Palio di Siena se sapessero che la celebre giostra equestre, disputata per la prima volta nel XVII secolo e arrivata pressoché indenne fino a qui, deve oggi parte della propria fama a Bond, James Bond. Eppure.

Dopo averla gustata nella rocambolesca fuga in Quantum of Solace, molti sarebbero disposti a qualunque esborso pur di godersi la corsa da un balcone affacciato su piazza del Campo ed entrare così in quel Bond Lifestyle minuziosamente declinato nell’omonimo sito web e peraltro dotato di una nutrita sezione Travel in cui l’Italia occupa un dignitoso spazio.

Poteri del cineturismo che come tutti ricordano, in prossimità della notte degli Oscar ha fatto volare sul web la ricerca di informazioni sulle città-cornice delle pellicole in corsa per la statuetta:  + 20% per Los Angeles, +70% per Calcutta e  +30% per Washington.
E l’Italia?

Un set privilegiato
“Oltre a Quantum of Solace, i film che ultimamente hanno proiettato l’immagine del nostro paese nel mondo sono The Avengers 2, New Moon, Inferno e Ben Hur”, spiega Massimo Ferruzzi, curatore del dettagliato studio JFC sul cineturismo che, come egli stesso sottolinea, “vede la nostra penisola quale set privilegiato”.

Gli stranieri insomma ci amano moltissimo, e ci amano ancora di più se ci vedono in formato pellicola. Da qui il grande sforzo delle film commission che lavorano per accattivarsi i favori delle case di produzione straniere, fra le quali al momento imperano Gran Bretagna (17%), Usa (14,3%), Cina (10,9%) e Germania (9,1%). Che vanno dove? Prima di tutto, ci dice Ferruzzi, in Toscana, regione più film-friendly d’Italia, che calamita il 14,5% delle produzioni cinetelevisive, poi in Puglia, Trentino, Sicilia, Piemonte e via scalando, fino al Molise, che chiude con lo 0,6% del girato.

The imitation game
Ciascun mercato ha ovviamente le proprie ossessioni. E così se – come si legge nello studio – “le produzioni inglesi si orientano agli scorci meno famosi ma più tipici del nostro Paese - come possono essere una piazza, un palazzo, una collina -, quelle orientali ritengono imprescindibile la presenza delle icone più classiche”, dalla torre di Pisa all’arena di Verona fino all’ovvio Colosseo. Così ovvio ma anche così invidiato da essere stato riprodotto a Macao, entrando così a far parte della nutrita galleria dei monumenti celebri replicati in terra cinese.  

Bieca operazione di plagio oppure lodevole riconoscimento di supremazia? Forse nulla di tutto questo, ma solo l’ennesima riprova di come in ogni angolo di mondo ci sia qualcuno che, in una maniera o nell’altra, lavora per avere negli occhi un angolo di Italia. Chi smaterializzando quella vera per il mondo dello schermo, e chi materializzando quella in cartolina per il mondo della realtà. Nell’eterno gioco secondo cui, come sosteneva Aristotele, l’arte è sempre imitazione della vita. Anche se, come contestava Oscar Wilde, spesso è la vita a imitare l’arte.

Twitter @paolaviron


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