Viaggi di marketing

Paola Tournour-Viron, divulgatrice per professione e per passione

L’interpretazione dei sogni… di viaggio

08/01/2018
16:40
 

Che cosa c’entra Octavia Hill – inglese, classe 1838 - con Hans Berger – tedesco, classe 1873 – e Bertam Opitz, nostro contemporaneo, con laurea moscovita in neuroscienze e cattedra alla University of Surrey?

In una sintesi banalizzante ma chiarificatrice potremmo dire che tutti hanno a proprio modo contribuito ad accrescere la felicità dei turisti. La prima, fondatrice della National Trust britannica (l’organizzazione impegnata a preservare i luoghi d’interesse storico e naturale del Regno Unito), ha basato la propria opera filantropica sulla ferma convinzione che “tutti abbiamo bisogno di spazio - per passeggiare, sostare, giocare, trascorrere la giornata - in modo da raggiungere quello stato di quiete che porta in superficie le vibrazioni più profonde dell’animo umano”. Il secondo è colui che di questo afflato ha preso le misure esatte, ideando l’elettroencefalogramma. E l’ultimo è lo specialista che, sfruttando l’intuizione della prima e l’invenzione del secondo, ha rivelato in un documento di 45 pagine come siano fatti i luoghi capaci di far vibrare le più recondite corde emotive dei viaggiatori. Di questi ne ha sondaggiati 2mila, selezionandone una ventina per rilevare onde e segnali cerebrali indotti dalle foto delle località di vacanza più care.

Caschetto per la risonanza magnetica calcato sulla sommità del cranio, hanno esaminato le immagini restituendo per ciascuna di esse un preciso tracciato delle pulsioni elettriche generate dal cervello: quelle dell’amigdala, pronta a rispondere alle sollecitazioni in modo automatico e istintivo; quelle della corteccia prefrontale mediale, che invece integra alla reazione istintiva i dati di conoscenza sedimentati, stabilendo se la situazione evocata rientri nell’area del piacere oppure in quella del disagio; e infine le reazioni del paraippocampo, che lavora tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine.

Una faccenda complessa, insomma, in cui eviterei di arrischiarmi limitando all’indispensabile sconfinamenti e figuracce in campo estraneo.
È però utile prendere nota di alcune singolari evidenze:

- Anzitutto, le fotografie dei “luoghi cari” hanno suscitato in tutti i soggetti analizzati reazioni emotive molto più intense di quelle indotte dalla visione di “oggetti cari”.

- Alla luce di quanto sopra, un luogo non è dunque da reputarsi unicamente quale spazio fisico in cui trascorrere il tempo ma anche (o soprattutto?) quale spazio dell’anima. Il che chiarisce immediatamente quanto la vendita di una vacanza sia materia delicata.

- I luoghi aperti, che consentono di spaziare con lo sguardo, insieme alle vedute dall’alto, producono effetti rilassanti perché danno al viaggiatore l’inconscia illusione di poter ‘stemperare’maggiormente preoccupazioni e tensioni accumulate. Gli spazi ristretti, quasi fossero scatole chiuse, restituiscono per contro la sconfortante sensazione di non poter allontanare sufficientemente i fattori che generano stress.

Per articolare la propria indagine Opitz ha suddiviso le immagini da mostrare in tre categorie: mete di vacanza importanti negli anni della crescita e della formazione della persona analizzata; luoghi che nel tempo hanno inciso sulle sue relazioni personali più intime (con genitori, figli, coniugi, ecc.) e destinazioni cosiddette del ‘qui e ora’, cioè frequentate nel presente e più volte l’anno per staccare dalla quotidianità.

Di fronte a questa ripartizione, i diversi gradi di increspatura delle onde cerebrali hanno disvelato interessanti risvolti psicologici, impossibili da elencare in questa sede ma ricavabili scorrendo con attenzione il documento, liberamente scaricabile. Segnalo per tutti il fatto che la sola visione di immagini relative alle località di vacanza cui si è affezionati agisce su aree del cervello ben definite: quelle in cui albergano senso di appartenenza (nel 70% dei casi), calma (63%), energia (62%), gioia (59%), sicurezza (57%) e nostalgia (51%). Un mix di elementi che a dosi equilibrate procura un corroborante stato di benessere.

Cosa accadrebbe allora se questi angoli di mondo dovessero scomparire o deteriorarsi? Elettroencefalogramma alla mano, Opitz ha rilevato come il 92% degli intervistati si dimostri profondamente scosso alla sola idea che ciò possa avvenire, con un 61% pronto a fare di tutto per evitarlo.

A qualche giorno dalla chiusura del 2017, Anno Internazionale del Turismo Sostenibile, gioverebbe sapere quanto questa preoccupazione sia condivisa da chi di quei luoghi dovrebbe prendersi cura. Tornerebbe a questo proposito utile uno screening cerebrale che possa soppesarne  - o almeno auspicabilmente confermarne - l’effettivo impegno.

Twitter @paolaviron

Credito fotografico : University of Surrey, Research Report National Trust


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