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Paola Tournour-Viron, divulgatrice per professione e per passione

Comunicazione turistica: è tempo di cambiare musica

13/07/2022
11:28
 

Era il 1870 quando il viceré d’Egitto propose a Giuseppe Verdi di comporre un’opera lirica per riabilitare l’immagine della terra del Nilo e riportarla alla ribalta della scena mondiale. Il compositore di Busseto accettò per un compenso senza precedenti, e nacque Aida, che dopo un secolo e mezzo è ancora l’icona in musica dell’antico regno dei faraoni.

Sarebbe oggi ancora pensabile un’operazione promozionale di questo tipo? Per avere una risposta tagliata per questo tempo non potevo che girare la domanda a un giovane musicista. Ma non uno qualunque. Venticinque anni, laureato con il massimo dei voti al Conservatorio di Modena e già vincitore di numerosi Concorsi Pianistici Nazionali e Internazionali, è noto per la collaborazione con orchestre sinfoniche oltre confine e oltreoceano. Nel palmarès anche un duetto con la prima arpa del Teatro Bolshoi di Mosca.
L’ho incontrato in occasione dell’International Music Festival ospitato nella Villa della Regina a Torino, di cui è ideatore e direttore artistico. Una prima edizione di successo, che ha portato nella città sabauda alcuni tra i giovani musicisti e cantanti d’opera più talentuosi del nostro Paese. L’edizione 2023 è già in cantiere.

Messo da parte lo smoking e indossata una più agile t-shirt, Francesco Mazzonetto si presta con generosità ad un ragionamento a quattro mani sulle possibili applicazioni della musica al mondo del turismo.

Crede che un’operazione promozionale come quella che ha dato vita ad Aida sia oggi ancora possibile per un territorio?
Certamente, occorre solo la volontà da parte degli enti che dovrebbero sostenerla. Molte istituzioni e organizzazioni che si occupano di promozione territoriale si basano spesso su musiche precotte, mentre accade rarissimamente che ci si rivolga a un compositore per creare una partitura ad hoc per un luogo o per un evento. E quando avviene si tratta per lo più di occasioni legate allo sport.
È un peccato, ad esempio, che per Expo2015 si sia persa l’occasione per commissionare una musica nuova che facesse risuonare nel mondo la creatività italiana.

Perché nel turismo avrebbe senso investire di più nella comunicazione musicale?
Perché ogni luogo ha una propria connotazione armonica, che il compositore può cogliere e tradurre in un racconto musicale capace di aggiungere emozione al viaggio. Nei diversi angoli d’Italia ci sono sonorità antichissime a cui si potrebbe attingere. Ad esempio, la musica neomelodica molto presente nelle regioni del sud si rifà alla cultura araba che un tempo permeava quelle terre. Si ritrovano gli stessi tipi di scale che si sono poi innestati nella cosiddetta musica popolare. E questo accade ovunque.
Per creare una partitura che rispecchi il territorio ci vuole quindi prima di tutto uno studio approfondito sulle radici identitarie.

Questo può valere anche per un sito archeologico, un museo o, comunque, uno spazio più circoscritto?
Assolutamente sì. È anzi un peccato che per pubblicizzare questi luoghi si attinga in molti casi alla musica – molto spesso alla musica epica - già sul mercato. Commissionare composizioni nuove per connotare l’immagine turistica di un monumento o di uno spazio museale sarebbe invece un’operazione che aggiungerebbe cultura a cultura. E rafforzerebbe l’azione comunicativa.

Perché?
Perché renderebbe riconoscibile il luogo e ne accrescerebbe la magia. Al Metropolitan Museum di New York, ad esempio, alcune sale dedicate a specifici periodi storici trasmettono la musica di quello stesso tempo. Aiuta a immedesimarsi in quanto si sta osservando. E cancella il vociare di sottofondo che è invece tipico di altri ambienti, stazioni o aeroporti.

Andiamo al punto: chi volesse investire in questa operazione da dove dovrebbe incominciare?
Un tempo erano gli impresari ad avere i contatti con le agenzie che gestivano l’attività degli artisti. Oggi ci si può anche rivolgere direttamente ai Conservatori oppure girare per Festival e conoscere in questo modo di persona compositori e musicisti, scovando quelli che si reputano più in linea con gli obiettivi prefissati. Chi invece vuole andare sul sicuro si rivolge a nomi noti, penso ad Allevi o a Einaudi, per citare due tra i più affermati. Ciò che però davvero conta è creare musica nuova.

Una volta individuato l’artista, come si procede?
Bisogna accertarsi che abbia la volontà di comprendere il pubblico a cui sarà rivolta la sua opera. Non può essere autoreferenziale. Lo stesso Verdi aveva molti paletti quando componeva su commissione. Ovviamente questo non significa che se la composizione è destinata a un ‘ascolto facile’ debba essere banale. Il grande talento di Ezio Bosso stava proprio nella capacità di trasmettere messaggi complessi rendendoli semplici ma mai banali: è la caratteristica della musica non stereotipata e destinata a durare nel tempo.
Certo, basarsi su giri di note e di accordi già collaudati può mettere al riparo dal rischio di non piacere, ma sicuramente non aiuta a distinguersi.

Negli istituti superiori e nelle università in cui ci si specializza in Turismo è previsto lo studio della storia dell’arte ma non della musica. Pensa che offrire una preparazione di questo tipo ai futuri operatori aiuterebbe ad accrescere la consapevolezza del settore rispetto al potere comunicativo di quest’arte?
La musica non s’impara, si ascolta: è più che sufficiente per allenare l’orecchio e per comprenderne il valore vero e profondo. Ben venga dunque la sua introduzione nei luoghi in cui si studia il turismo, purché non si scada nella pedanteria. La musica, parlo in questo caso nello specifico per quella classica, non è nata per essere un fenomeno elitario e non lo deve essere. Vanno scardinati i meccanismi che nel tempo l’hanno portata ad essere tale, altrimenti le persone continuano ad allontanarsene. Questo è il motivo per cui spesso la si trascura nel campo della comunicazione e la ragione per cui la si deve nuovamente rendere patrimonio diffuso. E comune.


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