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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter

5 regole per fare carriera come manager nel turismo

07/12/2017
15:27
 

Sono un lettore seriale di curriculum vitae. Sono un analista compulsivo di carriere professionali. Per lavoro, ovviamente, devo essere in grado di “pesare” un CV e capire, in una manciata di secondi, se il candidato che sto valutando è un manager di valore e destinato a crescere, oppure è fermo al palo e da lì non si muoverà più. Ecco quindi cinque parametri che adotto quando studio un curriculum o faccio un colloquio di selezione a chi vuole fare carriera nel turismo.

1) Hai studiato, e hai finito in tempo. Senza una laurea, ormai, non si va da nessuna parte. Come  triennale sono ottime giurisprudenza o economia, accettabili anche lingue straniere o scienze politiche; poi meglio avere un master all’estero, in Germania o in Gran Bretagna, piuttosto che la biennale nella stessa facoltà (magari perché è vicina a casa…). Tre cose non depongono bene: l’Erasmus a Barcellona, che tanto so che hai passato più tempo nelle cervecerìe che a studiare. La laurea in Scienze della Comunicazione, le ragioni le spiega Crozza quando imita Feltri. Il fatto che, per chiudere un ciclo di 3+2 anni, cioè cinque, tu ne abbia impiegati sette, o di più.

2) Sai l’inglese come dio comanda. Puoi aver fatto tutti i corsi di questo mondo e aver conseguito diplomi e attestati, ma non c’è verso, l’inglese lo parli bene solo se: a) hai lavorato per almeno due anni in una multinazionale che adotta l’inglese come lingua di riferimento (non necessariamente britannica o americana, si parla inglese anche in BMW o in Accor) b) hai vissuto all’estero tre o quattro anni e non hai frequentato la (onnipresente) comunità italiana. Una/o fidanzata/o straniero aiuta.

3) Hai cambiato spesso azienda. So che suona un po’ paradossale, in tempi di precariato e tempo determinato, ma le imprese “illuminate” hanno piani per evitare che i talenti vadano alla concorrenza, perché più uno è bravo meno ha problemi a cambiare lavoro. E cambiare ogni tre anni è una buona regola: sei mesi per ambientarsi, due anni per dare il massimo, sei mesi per cercare il posto successivo. Se hai una decina di anni di esperienza, meglio avere in curriculum tre aziende, anziché due, e meglio ancora se una è lontana da casa e ancor di più, se non è italiana.

4) Essere uomini aiuta. Questo suona già politicamente scorretto, però l’esempio che cito è inattaccabile. L’80% del personale che lavora in un’impresa turistica è femminile: vale per agenzie di viaggi e compagnie aeree, alberghi ed enti del turismo. Sali di un gradino, nel middle management la quota è 50 e 50. Arrivi in alto, ovvero a dirigenti e posizioni apicali (CEO, CCO, CMO ecc. ovvero come si fanno chiamare i capi adesso) e le donne - nelle imprese turistiche italiane - sono una esigua minoranza. Conclusione: per fare carriera nel settore, le donne devono faticare il doppio, ma quando sono brave, lo sono sul serio.

5) Devi studiare, studiare e ancora studiare. Un buon manager non è solo al passo coi tempi, ma sempre più avanti degli altri. Si parla di Big Data? E tu sei già esperto di blockchain e AI. Si parla di nuovi mercati? Tu hai dimenticato i Brics e ti stai concentrando sui Ticks. La tua azienda vuole sviluppare business con la Cina? Eviti le scontate Pechino e Shanghai e punti su Xiamen e Hangzhou. Perché non si finisce mai d’imparare.

La sesta regola non è programmabile, ed è il fattore C.


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