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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter

“In Italia bisogna allungare la stagionalità!”: i 4 perché di un falso mito

06/11/2018
14:52
 

Quante volte abbiamo ascoltato questo appello, seduti in platea durante un evento dedicato al turismo nel Bel Paese? Quante volte il politico a caccia di voti, l’esperto tuttologo, il carneade di turno se ne esce con questa frase e, avendo scoperto l’acqua calda, attende speranzoso l’applauso degli astanti?

Siamo a novembre e la stagione Mare Italia del turismo organizzato è finita da almeno un mese, se non da due. In Sardegna il 10 settembre non c’era più nessuno, qualche villaggio in Sicilia è riuscito a tenere aperto fino ai primi di ottobre. Fa eccezione il recentemente inaugurato Club Med di Cefalù, che allunga la stagione sino a gennaio 2019 proponendo weekend o soggiorni brevi, oltre ai classici 7 giorni. Però una coppia, dal 10 al 17 novembre, spende € 2.916 (transfer da Catania incluso, ma volo escluso): certo non una cifra alla portata di molti.

In compenso, gli stranieri amano l’Italia e per il ponte di Ognissanti hanno riempito le città d’arte, mentre al mare ci sono andati in pochi. Quindi non deve stupire che al Catalonya Mayorica, 4 stelle vicino al porto di Palma de Mallorca (€ 493 a settimana, a coppia) ci siano state “52 prenotazioni nelle ultime 24 ore”, a fidarsi di Booking.com.

In Italia la stagione non si allungherà mai, ecco quattro motivi alla data di oggi 6 novembre 2018:

1. Tenere aperto un hotel costa troppo - Glisso sull’impossibile confronto tra i costi del personale in Italia rispetto all’estero (non solo in Egitto, anche in Spagna o in Grecia) e mi limito a notare che, se un albergatore coraggioso volesse tenere aperto a ottobre, solo per coprire i costi - personale e materie prime, bollette e consumi, tasse e gabelle - dovrebbe uscire con delle tariffe che non sono quelle del Club Med Cefalù, ma neanche lontanamente del Catalonya Maiorica (che di camere, non a caso, ne ha 168).

2. Il mondo intorno si ferma - Chi è stato al TTG Travel Experience del mese scorso sa cosa sia la riviera romagnola fuori stagione: Cesenatico e Bellaria, Igea Marina e Milano Marittima sono fondali di un film post-atomico. Finita la stagione non chiudono solo gli hotel, chiude tutto: edicole e farmacie, ristoranti e discoteche, bici a noleggio e bar sulla spiaggia. Ovviamente spariscono anche i trasporti: FlixBus da Milano a Rimini ci passa solo perché è sulla tratta adriatica, e trasporta studenti. Sapete quanti voli atterrano domani all’aeroporto internazionale di Rimini? Due, entrambi da Mosca. I russi non ci tradiscono mai.

3. Gli italiani vanno in vacanza ad agosto - Gli unici italiani che vanno in vacanza in autunno sono... gli albergatori che hanno finito la stagione. E che certo non vanno a Taormina o a Ischia, ma a Cuba o in Thailandia. Perché non c’è nulla di più sacro, per l’italiano medio, della vacanza agostana, a costo di farsi una giornata di coda sull’Autostrada del Sole, ingozzarsi con un Camogli all’Autogrill e pagare una camera con vista condominio, alla Pensione Marisa, quanto una settimana a Sharm. Ogni tanto qualche Ministro del Turismo se ne esce con la favola dell’apertura anticipata o ritardata delle scuole, “per aiutare il nostro turismo”. Il neo ministro Centinaio, che è del settore, s’è guardato bene dal farlo.

4. Gli albergatori italiani si godono la pacchia (finché c’è) - L’ho già scritto e lo ripeto: finche i numeri sono quelli del triennio d’oro 2016-2018, nessun albergatore della Costa Smeralda scenderà sotto i 7 o 800 euro a camera in alta stagione. Camperà coi soldi fatti in quelle 6 (sei!) settimane, guardandosi bene dal tenere aperto a maggio o a ottobre. Giusto, meglio godersi la pacchia. Finché c’è.

P.S. Grazie a Bruno Colombo, imprenditore geniale e magari controverso, per avere ispirato questo post.


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