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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter

Il passaggio generazionale nei tour operator italiani? Meglio un figlio di un manager (salvo eccezioni)

21/02/2020
14:52
 

Che la vita di un manager, in un tour operator di casa nostra, sia difficile l’ho già scritto: Alpitour a parte, la stragrande maggioranza di essi sono in mano ai rispettivi proprietari / fondatori: sia che si tratti di one-man-company (Frederic Naar per Naar T.O., Davide Catania per Alidays, Andrea Mele per Viaggi del Mappamondo, Enrico Ducrot per Viaggi dell’Elefante) oppure di family-business (gli Uva di Oltremare, i Pagliara di Nicolaus e Valtur, i Pompili di Veratour, i Rusconi di Rusconi Viaggi, i Mangia di Aeroviaggi, gli Aprea di OTA Viaggi Tour Operator) o dei soci della prima ora (Danilo Curzi & C. in Idee per Viaggiare, Michele Serra & C. in Quality Group).

Il destino di aziende a così forte impronta familiare è segnato: se non ci sono figli, non rimane che la vendita o la cessione dell’attività. Il passaggio da attività familiar-artigianale a impresa managerial-industriale è praticamente impossibile, nell’Italia dove dominano le PMI, e non solo nel turismo. Fortunati i t.o. dove il passaggio generazionale c’è già stato (anche se il fondatore difficilmente molla l’osso): vedi i casi Oltremare, Veratour, OTA. Ancora più fortunati i t.o. dove i figli si dimostrano bravi almeno quanto i genitori, nel mandare avanti il business.

Altra eventualità, quando il passaggio generazionale è determinato da un lutto improvviso, come è stato il caso di Eliseo Rusconi di Rusconi Viaggi o di Antonio Mangia di Aeroviaggi: nel primo caso, a prendere in mano le sorti dell’impresa lecchese sono stati i figli Francesco, Sara ed Ettore; nel secondo, il board dell’operatore palermitano è formato dai figli Giuseppe, Marco, Tiziana, Marcello e pure del figlio di questi, Andrea. Più family-business di così...

I più sfortunati? Non quelli che figli non ne hanno (lo sanno per tempo, quindi possono organizzarsi). Sono gli imprenditori che hanno figli non all’altezza. Niente nomi, ovviamente, ma ognuno dei lettori di questo blog potrebbe citarne a iosa.

Anche qui, i casi sono due: o i figli non ci arrivano proprio, il padre lo capisce per tempo e vende l’azienda quando ancora può ricavarne qualcosa. Oppure non capisce (perché non VUOLE capire), ritiene di poter ovviare alle mancanze dei figli e tira avanti: nella maggior parte dei casi, tempo qualche anno e qualche incidente di percorso (digitale, magari), l’azienda salta per aria.


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