Il mio post del 17 settembre “Fuga dei cervelli, anche nel turismo” ha scatenato il popolo della rete. Nessuno si è concentrato sulla bella notizia (una giovanissima manager a capo di una Olta in grande ascesa), ma sulla brutta, ovvero sul fatto che 7 manager abbiano abbandonato l’azienda per la quale hanno lavorato anni (e talvolta anche fondato) e 4 di loro siano emigrati all’estero.
Dispiacere?! Manco per niente. Auguri di trovare una giusta collocazione?! Ancor meno. Il sentimento comune è rappresentato dal (suppongo) collega Marco Facchinetti, che ha sobriamente commentato: “I ‘cervelli’ in questione han contribuito allo stato attuale di molti t.o., alcuni di loro anche plurifalliti, il titolo dell'articolo è ovviamente sarcastico.. ’fuga di cervelli’ aaahhh!!!! ahhhhh!!!!!!!!! aaaaahhhhh!!!!!!!”. Interpreto gli “aaaahhh” come risate a crepapelle e conto 20 punti esclamativi.
Due semplici riflessioni. Il termine tedesco “shadenfreude” non ha corrispondente in italiano, ma potrebbe essere tradotto con “la gioia che si prova alla vista di disgrazie o pene altrui”. È il sentimento che anima i colleghi che hanno ricoperto altri colleghi di contumelie: una sorta di gioia maligna, di vendetta a posteriori per qualche torto subìto in passato, chissà...
Secondo: quei 7 signori hanno condotto o lavorato in tour operator come Hotelplan e Kuoni, Azemar e Alpitour, Ventaglio e Boscolo, Teorema e Veratour, Going e Costa Crociere, Travelplan e Valtur... Vabbè, alcuni non ci sono più, altri traballano, pochi resistono indomiti. Ma chi ci guadagna quando un t.o. salta?! Certo non l’agente di viaggi che l’ha venduto fino al giorno prima e magari, qualche mese o anno prima, ci ha tirato su delle belle commissioni. E ancor prima, ai bei tempi, si è goduto qualche bell’educational - gratis, of course - con tutta la famiglia.
Conclusione: è giusto che esca dal mercato l’azienda che ha fatto danni o il manager che si è dimostrato inadeguato. Ma goderne, sfacciatamente e pubblicamente, non è dignitoso. Soprattutto di questi tempi.