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Roberto Gentile,
Editorialista turistico, esperto di retail, community-manager, head-hunter

Le donne nel turismo: perché sono meno di quanto dovrebbero?

28/10/2013
16:35

Antonella Ferrari, Cinzia Renzi e Mally Mamberto sono le uniche tre donne che Remo Vangelista, direttore di questa testata, ha incluso nel suo libro “Gente di viaggi”, appena pubblicato: venti ritratti di imprenditori e manager che hanno segnato la storia del turismo italiano. Ci sono Bruno Colombo e Carlo Pompili, Michael O’Leary e Oscar Farinetti, ma fa sempre 17-3. Vangelista spiega qui i criteri della sua scelta.

Antonella, Cinzia e Mally sono ottime professioniste e affrontano con sensibilità e intuizioni puramente femminili un mondo, quello del turismo italiano, dominato dagli uomini, quindi maschilista. Trattasi infatti di un’eccezione, perché le donne al vertice di un’impresa turistica sono poche, ma rappresentano la stragrande maggioranza della base. Il booking di un t.o. o il personale di vendita di un’agenzia sono in gran parte di sesso femminile.

Perché, allora? Al tema ho già dedicato un post, ma è passato un anno e mi sono fatto qualche idea in più. Primo, come in politica, dove si fa carriera per cooptazione (ovvero i simili cercano i simili), anche nel turismo gli uomini scelgono gli uomini. Perché quando fai una riunione a quattro, due contro due, e devi venirne fuori con un contratto firmato, la presenza di una donna rompe gli equilibri e mette i tre uomini sul chi va là. Tra maschi, prima parli di calcio e di macchine, poi volano gli stracci.

Secondo, perché quando vuoi salire al vertice, non esistono né famiglia né orari. Nel suo libro, Vangelista racconta di Daniel J. Winteler che si presenta a una riunione, la vigilia di Natale, con 40 di febbre, pur di non mancare l’incontro con Umberto Agnelli.  Non ce la vedo una madre di famiglia che abbandona regali di Natale e preparativi per il cenone, marito immusonito e figli piangenti, per andare in ufficio.

Terzo, perché fare business può voler dire lacrime e sangue, ovvero portare a casa il risultato a costo di far male a qualcuno. Càpita di comprare un’azienda e sapere già che lascerai a casa un bel po’ di persone, compreso chi la cede. Se il compratore è un uomo, fa fatica a celare un ghigno di soddisfazione. Se è una donna, la sua sensibilità glielo impedisce.

Conclusione: le donne fanno meno carriera degli uomini perché sono migliori di noi. Punto.


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