Di libri ne ha scritti oltre cento, e i primi ad utilizzarli per studiare quelle che, per l’epoca, erano le ‘nuove scienze del turismo’ sono stati i baby boomers.
Coloro che, come la sottoscritta, sul finire degli anni ’70 sono approdati sui banchi delle scuole superiori con la profonda convinzione di orientare il proprio mestiere a un comparto innovativo, dalle grandissime potenzialità, certamente fonte di ricchezza per tutto il Paese. Non so quanti di noi ci credano ancora, ma il professor Castoldi che firmava i nostri libri di testo, ci ha certamente creduto fermamente. Fino alla fine.
Lo ha dimostrato con un’incontenibile quanto invidiabile mai sopita passione per la materia, di cui per decenni è stato indiscusso profeta. Perché il suo lavoro è stato da sempre totalmente votato a creare professionisti migliori, persone realmente consapevoli del patrimonio che avrebbero dovuto gestire una volta fuori dalle aule: l’eredità culturale, storica e ambientale di piccoli e grandi scampoli di mondo e di umanità. Qualcosa di sommo e incommensurabile, che gli accendeva gli occhi e la voce come rarissimamente accade ad altri attori del comparto.
Per spiegare “il suo turismo” Castoldi ha usato gli strumenti che l’andar del tempo gli ha reso via via disponibili: libri in primis, e poi ciclostili, lucidi per lavagne luminose, power point, videofilmati e, infine, i social media, con le numerose lezioni reperibili su youtube, insieme alle pagine linkedin e facebook, che dal giorno in cui ci ha lasciati si sono trasformate in forzieri per gli ultimi messaggi di saluto.
Messaggi ai quali vorrei aggiungermi per augurargli Buon Viaggio, ricordando che - come egli stesso amava ribadire nelle sue lezioni – “per viaggio si intende uno spostamento che prevede il ritorno al punto di partenza”. Impeccabile definizione tecnica che è anche magistrale metafora della vita: una mossa da autentico Prof.